Forse, le parole della sua affettuosa amica, Teresa Parodi, riassumano il sentimento di molti:
“…Mercedes, salmo en los labios
amorosa madre amada mujer de América herida
tu canción nos pone alas y hace que la patria toda
menudita y desolada no se muera todavía,
no se muera porque siempre cantarás en nuestras almas…”
Qualche volta disse che cantava per non morire.
In mezzo ad una chiacchierata, Mercedes Sosa cercava qualunque scusa per cantare. Una frase, un ricordo, una canzone nuova, quello che sia. A volte il canto si interrompeva con un pianto. Ma lei cantava. Credeva che fosse il suo migliore modo di espressione.
Da giovane gli piaceva la velocità, las empanadas di sua madre ed il whisky. Da grande, si interessò a la lettura, in alcune poche amiche e nella radio, il suo mezzo di comunicazione preferito. Dopo la separazione dal suo secondo marito, scelse la serena solitudine. Usciva poco da casa.
Ascoltava musica classica e studiava repertori. A dispetto dal suo genio naturale, al prodigio della sua voce, era tenacemente studiosa ed educava giornalmente le corde vocali. Rimpiangieremo quella voce. Rimpiangiamo la delicatezza del suo repertorio. Temi come "Gracias a la vida", "Canción con todos", "Un son para Portinari", "Alfonsina y el mar".
La militanza politica, la proibizione, l'esilio ed il ritorno in 1982 gli concederono una dimensione mitica. Si delineò così una figura idolatrata in tutto il mondo, con un poderoso componente simbolico: in Argentina, ma ancora di più in Europa, Mercedes Sosa è sinonimo di lotta, resistenza e libertà. Tradizionale e moderna, rurale e mondana, agreste e sofisticata, fu né più né meno che la cantante argentina più importante della storia. Ancora oggi scuote ricordarla nel mezzo dello scenario, sotto un fascio di luce definendo i suoi profili indio, il tamburo ad un fianco. Ricordarla e pensare ad una zamba sul punto di cominciare. Una zamba, il tamburo e la voce di Mercedes Sosa.
http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-132929-2009-10-05.html
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